sabato 22 settembre 2012

Dalla povertà che sta tra le mani di un ragazzo...

di Stefano D'Amore

Giovanni 6: 1-15
1 Dopo queste cose Gesù se ne andò all'altra riva del mare di Galilea, cioè il mare di Tiberiade. 2 Una gran folla lo seguiva, perché vedeva i miracoli che egli faceva sugli infermi. 3 Ma Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4 Or la Pasqua, la festa dei Giudei, era vicina. 5 Gesù dunque, alzati gli occhi e vedendo che una gran folla veniva verso di lui, disse a Filippo: «Dove compreremo del pane perché questa gente abbia da mangiare?» 6 Diceva così per metterlo alla prova; perché sapeva bene quello che stava per fare. 7 Filippo gli rispose: «Duecento denari di pani non bastano perché ciascuno ne riceva un pezzetto». 8 Uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro, gli disse: 9 «C'è qui un ragazzo che ha cinque pani d'orzo e due pesci; ma che cosa sono per tanta gente?» 10 Gesù disse: «Fateli sedere». C'era molta erba in quel luogo. La gente dunque si sedette, ed erano circa cinquemila uomini. 11 Gesù, quindi, prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì alla gente seduta; lo stesso fece dei pesci, quanti ne vollero. 12 Quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché niente si perda». 13 Essi quindi li raccolsero e riempirono dodici ceste di pezzi che di quei cinque pani d'orzo erano avanzati a quelli che avevano mangiato.
14 La gente dunque, avendo visto il miracolo che Gesù aveva fatto, disse: «Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo». 15 Gesù, quindi, sapendo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo.


Niente di più conosciuto. Ci ricorda quella storiella che nonno racconta sempre uguale e che conosciamo già a memoria. Ma vi propongo di leggere questo racconto con gli occhi di Filippo e di Andrea.
Non vorremmo certo essere nei panni di Filippo, che forse si sente un po’ ad un esame, con un problema molto più grosso di lui da risolvere. Alla domanda di Gesù Filippo risponde che è impossibile avere duecento denari qui ed ora, impossibile comprare una quantità simile di pane, impossibile che sia sufficiente perché tutti ne abbiano un pezzetto. Il ragionamento di Filippo è estremamente logico e razionale, la proposta di Gesù è impossibile da realizzare.
Andrea sembra fare uno sforzo in più: indica che un giovanotto si è portato dietro la merenda. Ma mentre lo dice si rende conto dell’assurdità della cosa e subito sottolinea l’inutilità di quel pane e di quel pasce, li sminuisce e li presenta già come assolutamente insufficienti. Ciò che ha nella borsa quel giovane fa quasi ridere: è un po’ come se durante una passeggiata in montagna ti si chiedesse di dividere con cinquemila persone il paninetto alla mortadella e le albicocche secche che ti sei portato dietro…
Siamo anche noi, impigliati tra il realismo pessimista di Filippo e la svalutazione di Andrea. Ma proprio da quel vicolo cieco, Gesù, ci conduce fuori. E lo fa non attraverso lo schiocco delle dita, ma affrontando la crisi, trasformando la realtà che ci sembra così misera.
L’impossibile di Filippo è la possibilità per Gesù; l’insufficienza, la scarsezza segnalate da Andrea sono l’abbondanza per Gesù.
Gesù non dà briciole, non fa elemosine, non punta a accontentare tutti per un istante. Non risolve i problemi a breve termine. Ma investe nella povertà che sta tra le mani di un ragazzo. Non investe nel grande patrimonio sicuro e magari ben nascosto e protetto all’estero, ma investe nelle mani semi-vuote del giovane e nella possibilità di moltiplicare la nostra pochezza.
Il ringraziamento e la condivisione sono le azioni che creano la moltiplicazione. Da queste due cose possono nascere la moltiplicazione, la sufficienza per tutti, l’abbondanza. Amen.

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